Come effettuare la saldatura a stagno

Ultimo aggiornamento: 26.07.24

 

Vediamo insieme quali sono le nozioni basilari da conoscere circa il processo di saldatura a stagno: dagli strumenti necessari fino alle diverse applicazioni.

 

Tra i diversi processi di saldatura messi a punto dall’uomo quello a stagno è uno dei più comuni; tecnicamente parlando sembra facile, ma in realtà può risultare più o meno complesso a seconda delle sue applicazioni, che sono molteplici.

La facilità intrinseca di questo tipo di saldatura è dovuta innanzitutto alla sua dinamica di esecuzione; per saldare a stagno due lembi di metallo, infatti, non occorre fonderli ma basta semplicemente accostarli, come nel processo di brasatura del ferro, e poi fondere il metallo di apporto direttamente sulle parti da unire. Quella a stagno, infatti, è da considerarsi più un procedimento di brasatura dolce che non una saldatura vera e propria.

Un ulteriore aspetto che contribuisce alla sua facilità di esecuzione è dato proprio da una delle caratteristiche tipiche del metallo di apporto, e cioè il punto di fusione dello stagno che è relativamente basso, di poco inferiore ai 232° C; di conseguenza per essere fuso non richiede l’uso di impianti complessi né di correnti a elevato amperaggio. Proprio per questa ragione, però, le sue applicazioni sono circoscritte solo a determinati ambiti specifici.

Lo stagno per saldare

La definizione “saldatura a stagno” è usata soprattutto per comodità, visto che non si utilizza ma questo metallo in forma pura ma sempre combinato in lega con un altro metallo; le leghe a base di stagno, inoltre, sono tecnicamente definite eutettiche, un termine greco che significa appunto “facile da fondere”.

Fino a poco meno di quindici anni fa la lega eutettica più diffusa era a base di piombo e stagno in proporzione 60/40, ma a partire dal 2006 il piombo, a causa della sua riconosciuta tossicità, venne bandito e sostituito con una piccola percentuale di rame o d’argento; le leghe eutettiche utilizzate al giorno d’oggi, quindi, sono composte da stagno e rame oppure da stagno e argento in diverse proporzioni, a seconda delle applicazioni.

Le leghe di stagno per saldatura sono vendute sotto forma di rocchetti di filo dallo spessore variabile; il filo è anche animato, come quello che si adopera appunto con la saldatrice a filo, solo che invece di essere composta da un altro metallo o elemento, l’anima dei fili di stagno è costituita da un disossidante, comunemente noto come pasta per saldare o pasta salda.

Quest’ultima ha lo scopo di rimuovere l’ossido nei punti in cui viene realizzata la saldatura, in modo da evitare il rischio che lo stagno al punto di fusione non faccia presa sulla superficie da saldare. La pasta può essere acquistata anche in barattoli e applicata direttamente sulle parti da saldare.

Quale che sia la forma in cui viene usata, in fase di saldatura la pasta evapora sotto forma di fumo bianco che è consigliabile non inalare, quindi bisogna prendere le opportune precauzioni per evitare che ciò accada.

 

Il saldatore a stagno

Come accennato all’inizio del nostro articolo, la saldatura a stagno non richiede correnti a elevato amperaggio quindi lo strumento adoperato per saldare è semplice, compatto ed estremamente maneggevole; ne esistono però tre diverse tipologie a seconda della destinazione d’uso.

Saldatore a chiodo: è il modello più semplice ed è dotato di una punta riscaldante abbastanza grossolana, simile appunto a un chiodo. Essendo basilare basta collegarlo a una presa elettrica e attendere che si scaldi, dopodiché bisogna avvicinare la punta alla giunzione da saldare e strofinare velocemente in modo da spalmare lo stagno sui lembi.

Saldatore con interruttore: è una versione evoluta del saldatore a chiodo, simile nel design ma più potente, quindi in grado di raggiungere più in fretta la temperatura di fusione dello stagno; inoltre è dotato di un interruttore che permette di spegnerlo senza doverlo staccare dalla presa elettrica. In questo modo è possibile sfruttare il graduale raffreddamento della punta per saldare a una temperatura congeniale ed evitare il rischio di bruciare lo stagno. Una ulteriore variante è il saldatore a stagno per microsaldature, che ha una forma analoga ma dimensioni ridotte, simili a quelle di una penna stilo.

Saldatore a mazzetta: è identico ai due saldatori descritti in precedenza, fatta eccezione per la punta che invece di essere a chiodo è piatta e trasversale; questa tipologia è adatta soprattutto per eseguire saldature lineari su ampie superfici, e quindi è ideale per i laminati metallici.

Saldatore a pistola: grazie alla sua versatilità d’uso è noto anche come saldatore generico o “a riscaldamento rapido”; la sua caratteristica, infatti, è quella di montare una punta rastremata che può essere usate sia per le saldature a punti sia per quelle lineari. Di solito è più pesante e ingombrante, ma anche più sicuro da usare rispetto alle altre tipologie di saldatore, visto che è dotato di un “grilletto” da tenere premuto per trasmettere corrente alla punta. Questa tipologia è adatta per saldare ottone, rame e altri metalli; facendo uso di un disossidante specifico lo si può usare anche per saldare alluminio con lo stagno. È indicato soprattutto per saldare tubi e profilati, ma non adatto per le saldature che richiedono un’elevata precisione.

Come saldare a stagno

Il metodo di saldatura dello stagno richiede una procedura standard indipendentemente dal tipo di saldatore adoperato e dall’applicazione specifica. Il primo passaggio, come avviene anche nelle normali saldature a elettrodo e a filo continuo, consiste nel pulire accuratamente i lembi da unire in modo da rimuovere ogni traccia di scorie, e poi applicare uno strato di pasta disossidante (la pasta salda).

Tenendo il filo di stagno con una mano e il saldatore con l’altra, quindi, bisogna avvicinarsi ai lembi da unire in modo da fondere lo stagno e versarlo direttamente sulla giunzione, per poi spalmarlo in modo omogeneo con la punta del saldatore. I movimenti devono essere abbastanza rapidi, in quanto lo stagno si raffredda velocemente e tende a bruciare con estrema facilità se la temperatura della punta è superiore ai 270° C.

Le saldature dei componenti elettronici, invece, sono ancor più complesse e richiedono molta perizia, in quanto le dimensioni minute dei componenti non permettono di procedere comodamente; bisogna quindi cercare di unire i pezzi a freddo in modo da farli rimanere in posizione e poi aggiungere gocce di stagno fuso.

 

 

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